Pensieri sparsi: momento serietà.

A volte mi sembra di disturbare gli altri. Mi succede quando mi rendo conto che certe amicizie sono a senso unico, che se non cerco io dall’altra parte si è sempre troppo impegnati per un messaggio o una telefonata. Per questo, quando vedo che le cose prendono questa piega, preferisco eclissarmi e smettere di cercare a mia volta. Che senso ha continuare a dare fastidio a chi chiaramente vuol essere lasciato in pace?

Certe volte chiudere è semplice, certe altre dispiace veramente. Specialmente quando si tratta di persone per cui io sono stata presente quando avevano bisogno, ma come al solito quando va tutto bene se ne fregano. E sì che di fregature con le amicizie ne ho prese davvero tante nella mia vita… E i segni li porto addosso tutt’ora. Mi apro sempre di meno con gli altri (a che pro farlo se poi il risultato è sempre lo stesso?), e se da un lato mi dispiace, dall’altro non posso che pensare che meno mi apro meno finisco con il soffrire.

E niente. Volevo condividere questo piccolo momento serietà, perché almeno qui posso sfogarmi senza paura di dar fastidio. Ogni tanto devo fare una catarsi per ripigliarmi un attimo e riprendere la strada maestra. Una specie di sosta per eliminare i sassi che si accumulano nelle scarpe. Con sti sassi potrei farci un bel muri a secco…

Pensieri sparsi: minestre oniriche.

In questi ultimi giorni faccio sogni strani. Ho sognato persone del mio passato con cui ho avuto una frequentazione, eppure normalmente non sono persone a cui rivolgo i miei pensieri o di cui mi importi qualcosa emotivamente parlando. Forse il mio subconscio traduce in sogno un desiderio generico di compagnia e non avendo in questo momento nessuno che mi prenda sentimentalmente mi ripropone minestre oniriche riscaldate.

E neanche la minestra onirica riscaldata è buona.

La prima settimana nella casa nuova è trascorsa, quasi senza che me ne accorgessi. È una bella sensazione avere qualcosa di mio, infilarmi nel mezzo del mio letto e stare bella distesa senza le costruzioni del lettino ad una piazza che avevo dai miei. Ci sono ancora tante cose da sistemare, ma intanto sono a casa mia e ne sono contenta. Sabato farò un salto da mondo convenienza per vedere il divano e la parete attrezzata che mi occorrono per completare l’arredamento della cucina. Così potrò distendersi anche su di un bel divano come dico io, quando avrò voglia di guardare la TV. Che dire, mi accontento di poco alla fine, ma chi si accontenta gode, no?

Recensione: “Quello che non uccide”, David Lagercrantz 21/21

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Nel mio ultimo post ho trattato della trilogia di Millennium e ho scritto che avrei tratto in un altro post del tentativo altrui di portare avanti il progetto di Stieg Larrson. Tale persona è David Lagercrantz, e al momento ha scritto tre romanzi, cavalcando l’onda del successo di Stieg Larrson. Io ho letto solo questo e, devo aggiungere, meno male. La trama porta avanti la storia di Lisbeth Salander e quella parallela di Michael Blomqvist, ma devo dire che, a parer mio, la qualità del lavoro è di un livello molto più basso di quello del defunto Larrson. La trama cerca di essere intricata, ma Lagercrantz non riesce, secondo me, a starle dietro e la tensione narrativa è alquanto bassa. Ci sono delle incongruenze palesi con la trilogia di Larrson, e il personaggio di Michael quasi sbiadisce. L’ho trovato stereotipato, privato di tutto lo spessore che aveva negli altri libri. Ci sono delle forzature e alcuni personaggi sembrano essere “attaccati a sputo” alla storia. Da quel che ho letto facendo qualche indagine, questo libro nulla ha a che vedere con ciò che Larrson aveva lasciato incompiuto del suo progetto di 10 libri sul tema Millennium. E per fortuna, aggiungo. Penso che essere all’altezza di Larrson sia molto difficile e che Lagercrantz non ci sia riuscito. Certe cose devono rimanere così come sono. Cercare di portarle avanti e farci soldi (perché alla fine di questo si tratta) a qualunque costo finisce solo per rovinarle. La minestra riscaldata non è buona.

Recensione: la trilogia di Millennium, Stieg Larsson 18-20/21

 

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Quando uscì la trilogia di Millennium, ormai quasi una quindicina di anni fa, inizialmente mi rifiutati di leggerla. Non perché non la ritenessi alla mia altezza, ma perché sono sempre rimasta diffidente nei confronti di exploit editoriali di massa (vedi le 50 sfumature di mille colori, che non ho letto e mi rifiuto di leggere, in quanto non la ritengo letteratura ma pura schifezza collezionata per sollazzare casalinghe disperate, non me ne vogliano le casalinghe). Perciò ho lasciato passare diversi anni prima di leggere questi tre libri. L’ho fatto quando il fenomeno, che poi diede origine a film, anche rifatti da Hollywood (vedi quelli con Daniel Craig, che non ho visto, perché ho preferito guardare quelli girati per primi in Svezia, che a mio parere peraltro si attengono molto alla trama della trilogia, sebbene dei punti salienti vengano omessi, penso per la classica falce tipica dei film che taglia per rendere la storia più fruibile sullo schermo) cadde nel dimenticatoio.

Quando ho letto Uomini che odiano le donne mi è piaciuto. La trama era bella intricata, venivano analizzati molto bene i punti di vista dei vari protagonisti e c’erano parecchi colpi di scena durante la storia. Il protagonista maschile della storia, il giornalista Michael Blomqvist, condirettore e coproprietario del mensile Millennium, attraversa un periodo critico a causa del flop di una inchiesta da lui pubblicata nel suddetto mensile. Viene condannato a tre mesi di reclusione e, nell’attesa di scontare la condanna, decide di tirare i remi in barca per un po’ e di prendersi una pausa dalla rivista. A rendergli la cosa più facile ci pensa il magnate Vanger, che lo recluta per un compito ufficiale, scrivere le sue memorie, che in realtà ne nasconde uno ufficioso: indagare sulla scomparsa/morte dalla di lui nipote, Harriet Vanger, avvenuta negli anni ’60, quando lei era una sedicenne. Vanger, prima di ingaggiare Blomqvist, fa fare su di lui una ricerca approfondita presso la Milton Security; la persona che si occupa di tale ricerca è Lisbeth Salander, una giovane donna asociale, scontrosa, con un carattere molto difficile, ma un vero genio del computer: una hacker molto nota sul dark web. Da qui prende spunto una vicenda intricatissima, che si snoda tra gli scheletri dell’armadio della famiglia Vanger, che riemergono dalle sabbie del tempo, ed il tentativo di Blomqvist di prendersi la rivincita in relazione all’inchiesta per cui è stato condannato al carcere.

Le vite dei due protagonisti continuano ad intrecciarsi, sebbene Lisbeth cerchi in realtà di tenersi a debita  distanza da Michael, anche nei due successivi libri. Ne La ragazza che giocava con il fuoco, Lisbeth si ritrova al centro di una vicenda giudiziaria, ricercata per tre omicidi per tutta la Svezia e vittima di un complotto ordito ai suoi danni per mascherare loschi affari di istituzioni deviate. Michael, che si trova coinvolto nella vicenda perché una delle vittime è un giornalista che lavora per Millennium, cerca di far luce sulla vicenda e di scagionare Lisbeth, in quanto convinto sin dal principio che lei sia innocente.

La regina dei castelli di carta è la diretta prosecuzione del secondo libro, mentre tra i primi due c’era più di un anno e mezzo di distanza temporale. La vicenda infatti non si conclude al termine del secondo libro, ma prosegue nel vivo nel terzo. E’ in questo libro che tutti i nodi si sciolgono e che la storia giunge infine ad una eclatante conclusione.

Nei tre libri compaiono diversi personaggi ricorrenti, come Erika, la socia/amante occasionale da 20 anni di Michael, gli ispettori della polizia di Stoccolma che seguono le indagini su Lisbeth, Dragan Armanski, direttore della Milton Security, solo per citarne alcuni. Considerata la lunghezza dei singoli libri, il lavoro di Larsson per la delineazione della trama e dei personaggi è stato molto complicato. La storia non è mai banale (con l’eccezione, ma è solo un’opinione dettata dal gusto personale, dei continui flirt in cui Michael incappa per poi tornare sempre dalla sua amante storica, peraltro sposata con uno che acconsente a tale relazione extraconiugale), l’ambientazione è interessante e ricca.

Non mi sono annoiata e ho letto tutti e tre i libri molto velocemente, perché molto coinvolgenti. Ho visto anche i tre film svedesi, e li ho graditi. In tutto ho letto i libri e visto i film per 3 volte. In genere rileggo i libri solo se mi hanno trasmesso qualcosa di molto interessante. Idem per i film. Un vero peccato che Larsson sia morto di infarto dopo aver concluso la trilogia e prima della sua pubblicazione. Qualcuno ha provato a seguirne la scia e a scrivere ancora di Lisbeth e Michael, ma di lui parlerò in un altro articolo.

Pensieri sparsi + Home: verso la fine.

Giovedì pomeriggio sono andata a prendere la mie cose a casa di mia nonna. Non ne avevo nessuna voglia, ma dovevo farlo. Mi ha aiutato mio cugino, in una macchina sola tuto non ci stava. Così ho portato tutto a casa mia. Venerdì finalmente sono arrivati i mobili, a parte alcune cose che arrivano il 23. Comunque vedere finalmente la cucina e la camera da letto con il loro arredamento mi ha dato una grandissima soddisfazione. Ho iniziato a sistemare le mie cose, in attesa di poter finalmente trasferirmi. Oggi pomeriggio ho fatto un po’ di pulizia: ho buttato vecchie foto che erano tutt’altro che bei ricordi e altre cosette. E ho ritrovato vecchie lettere e cartoline di quando ero al licero, insieme ad alcuni fogli scritti con i compagni di classe. È stato un bel tuffo nel passato. Tra le varie cose che ho rivisto con piacere ci sono stati un album di foto e due lettere: nel lontano 1998 fui selezionata per fare due settimane a Cortona ospite della Normale di Pisa, insieme ad altri ragazzi e ragazze di tutta Italia. Furono due settimane bellissime, facemmo delle lezioni con i professori della Normale e ricordo che ebbi o piacere di vedere una lectio magistralis di Dario Fo a teatro e una di Margherita Hack. Tra le altre cose ho ritrovato i loro autografi. Quando ho guardato le foto ho rivisto volti felici, i volti di ragazzi che ancora non sanno cosa gli riserverà il futuro.Mi sono soffermata su di uno in particolare. Le due lettere che ho letto appartenevano a lui. Un ragazzo simpatico, con cui avevo avuto subito un bel feeling. Peccato non aver potuto coltivare quell’amicizia anche dopo. Ma ancora non era tempo di social network e di WhatsApp e restare in contatto per lettera non era facile. Mi sono chiesta che fine avesse fatto e così l’ho googlato.

Che fosse una persona in gamba lo avevo capito sin da allora. Ha fatto tanta strada e ora vive all’estero. Ha un suo sito e lì ho trovato il suo indirizzo mail. E gli ho scritto. Non so se si ricorda di me e se mi risponderà, ma come ho scritto a lui penso che valesse la pena di mandargli quella mail, se non altro in memoria di quelle belle settimane e del feeling creatosi allora.

Le belle amicizie meritano un tentativo

Home: la luce in fondo al tunnel.

Venerdì 17 mi consegnano i mobili. Quando ho deciso la data della consegna mi sono sentita in fibrillazione. Finalmente ho sentito l’eccitazione di andare a vivere a casa mia, quando ormai siamo in dirittura d’arrivo. Posso dire che davvero non vedo l’ora! Oggi ho concluso tutti i preparativi di predisposizione. Giovedì prossimo dovrò andare a recuperare le mie cose e questa si preannuncia una cosa difficile.

In pratica le mie cose (regali del matrimonio, mai usati, un baule con dentro il mio corredo, scatole con tutte le cose che avevo quando abitavo per mio conto nella penisola) sono tutte in una stanza a casa della mia nonna materna. Ora, da più di due anni la mia famiglia non ha più rapporti con lei. La solita storia in cui i figli sono tutti uguali, ma non lo sono nella realtà, e quella che si prende cura del genitore in questione viene trattata a pesci in faccia, a favore degli altri che se ne lavano le mani. Tralasciando i dettagli più brutti, la situazione di fatto è che da quando mia madre è stata trattata di merda da sua madre nessuno di noi ha più voluto saperne di sentire o vedere tale persona (peraltro era pure recidiva, perché già in passato si era comportata male ed era stata perdonata). Ora però mi tocca andare là, non ne ho nessuna voglia, ma purtroppo devo. E la cosa mi sta causando ansia, perché non mi piacciono i conflitti e non mi va di avere a che fare con persone cattive. E lei lo è. Mi ero ripromessa che non mi avrebbe più rivisto sino a che campava, ma purtroppo ho necessità di queste cose e devo andarci.

Diciamo che questa cosa è l’unica che oscura un po’ il mio momento di felicità.

Pensieri sparsi: vaneggiamenti da costipazione.

Ho il raffreddore. Io odio il raffreddore.

Ho iniziato ad avere quel fastidioso pizzichìo nel retro del naso due giorni fa; ieri era solo un bruciore diffuso e oggi ecco arrivare la sensazione di chiusura nasale, gli immancabili starnuti e l’inizio dello smocciolìo diffuso. Fortuna al momento non è un raffreddore pesante, infatti non mi ha impedito di fare il vaccino antinfluenzale ieri mattina. Però è fastidioso avere quella narice tappata e al contempo gocciolante, sentire quel gonfiore che si estende quasi sino alle tonsille, per non parlare della notte che mi attende.

Intanto sto mettendo in atto la mia strategia anti raffreddore: Oki come se non ci fosse un domani per i sintomi infiammatori, latte caldo col miele prima di andare a dormire per dare sollievo alla gola (e il miele è un antibatterico naturale), e dulcis in fundo infumigi di rosmarino per liberare le vie aeree. Proprio ora sto respirando l’aroma del rosmarino e, tra una nuvola di vapore e l’altra, scrivo.

Ieri notte ho fatto un sogno assurdo, colpa del raffreddore. Ho sognato che avevo avuto una forte reazione avversa al vaccino antinfluenzale, ero piena di macchie rosse e ho iniziato a gonfiarsi in più punti. Avevo delle vesciche gigantesche, una aveva la forma di un braccio senza ossa. Quando scoppiavano veniva fuori una quantità immane di acqua. Come se non bastasse mi si chiudevano le vie aeree, non riuscivo a respirare e non vedevo più bene. Chiedevo a gran voce un’ambulanza… Poi mi sono svegliata. Che sognodimmerda…

Recensione:”Storia della letteratura giapponese – Volume II, dal XVI al XVIII secolo” Kato Shuichi, a cura di A. Boscaro 17/21

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Del primo volume di questa terna di libri ho già fatto la recensione qualche mese fa. In questo secondo volume viene trattato, sempre secondo lo stesso stile, il periodo di tre secoli che va dall’inizio dell’epoca Tokugawa sino alla fine del ‘700. In questi secoli la letteratura giapponese vede fiorire nuovi generi, che si rivolgono ad un pubblico diverso da quello che leggeva i classici dei secoli precedenti. Infatti, dopo l’emergere della classe dei samurai, è giunto il momento dei chonin, ovvero la borghesia. Persone che sino a questo momento erano i margini della società diventano ora importanti, non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista culturale. Se prima la letteratura era una produzione della nobiltà per la nobiltà, ora si assiste a letteratura prodotta da esponenti della classe samuraica per la massa, e nel XVIII secolo si arriva alla produzione di esponenti borghesi per la massa. Si aprono le porte anche a nuovi generi letterari, incentrati su tematiche sino ad ora trascurate come argomenti per i più, come le dispute sulle religioni, in cui entra anche il cristianesimo, giunto in Giappone nel ‘500 attraverso dei gesuiti portoghesi e poi bandito nel ‘600 insieme a tutti gli occidentali per motivi politici. Tale allontanamento portò ad un ripiegamento del Giappone su se stesso con un conseguente isolazionismo rispetto al resto del mondo, con un’unica eccezione: una piccola enclave di mercanti olandesi (di fatto rinchiusi in una specie di ghetto) che facevano da ponte con il resto del mondo. E nel ‘700 proprio da qui parte lo studio delle cose occidentali da parte di letterati giapponesi, denominati rangakusha, che analizzarono testi di varia origine, dall’anatomia alla botanica per esempio, per confrontarli con le conoscenze giapponesi e venire alla conclusione che per molti versi la cultura giapponese non era al passo con i tempi. Ma per altri lo era, se non era addirittura in anticipo: vedi per esempio il teatro kabuki, che presenta delle innovazioni sulla scena che il teatro occidentale neanche si sogna. Lo studio delle cose occidentali è la prima breccia nell’isolazionismo giapponese, che finirà per cadere alla metà dell’800, quando le navi nere dell’ammiraglio americano Perry costringeranno il paese del sol levante ad aprirsi definitivamente al mondo moderno. Con grande gioia dell’imperatore, che finalmente potrà riconquistare il potere perso da secoli, ma non del clan Tokugawa, che finirà per perdere le redini del paese. m questa è storia del terzo volume.

Recensione: “Grotesque”, Natsuo Kirino 16/21

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Ho finito di leggere questo libro da un po’, ma non avevo tempo per dedicarmi a fare una recensione come si deve. Perché non lo si può liquidare in due righe. Nonostante la lunghezza (più di 800) pagine, la storia scorre fluente e si riesce a leggere il libro in tempi brevi. La storia è molto particolare, non tanto per la trama in sé, quanto per come viene raccontata. In genere, quando leggiamo un romanzo, siamo abituati a venire a conoscenza della storia attraverso un punto di vista, quello del narratore, che in genere è esterno, ed in questo caso la storia viene scritta in terza persona; altre volte il narratore è interno alla storia ed in questo caso può riferire fatti accaduti a terzi, usando la terza persona, ed intervenendo per esprimere la propria opinione, oppure fatti accaduti a se stesso, ed in questo caso la storia è narrata in prima persona. Faccio questa premessa perché la particolarità di Grotesque sta nel fatto che i narratori sono quattro ed ognuno racconta la storia attraverso il proprio punto di vista, aggiungendo particolari che riguardano la propria esperienza personale e che allo stesso tempo contribuiscono a ricostruire il puzzle della vicenda in generale. Di tutti questi protagonisti/narratori conosciamo il nome, tranne di uno: colei che apre e chiude la storia. Ma la storia di che cosa parla? Cerco di spiegarlo a grandi linee, perché non voglio addentrarmi troppo nei dettagli e spoilerare per sbaglio cose che il lettore non vorrebbe conoscere in anticipo.

Al centro della vicenda c’è un duplice omicidio: le vittime sono Yoriko e Kazue, due prostitute di circa quarant’anni, uccise nei bassifondi di Tokyo, per il cui omicidio viene processato lo stesso uomo, un cinese di nome Zhang, il quale si dice colpevole dell’omicidio di Yoriko, ma innocente di quello di Kazue. La parte iniziale della storia, che racconta dell’omicidio attraverso i giornali ed il processo, vien narrata dalla sorella maggiore di Yoriko, di cui non ci è dato sapere il nome. Essa non viene mai chiamata per nome, perciò la conosciamo solo come sorella della vittima. Ci racconta tanti dettagli della vita di Yoriko a partire dall’infanzia e ciò che traspare è un profondo odio e rifiuto di questa donna nei confronti della sorella minore, dettati fondamentalmente dalla gelosia, perché Yoriko era bellissima sin da bambina e questo attirava le attenzioni di chiunque intorno a lei, mentre la sorella maggiore si ritrovava in un angolo a fare da spettatrice al successo della sorella. La trama si infittisce quando il focus si sposta da Yoriko a Kazue: viene fuori che la seconda vittima era compagna di classe della sorella maggiore di Yoriko, quindi le tre esistenze sono intrecciate da tempi lontani. Anche qui la narratrice ci dà delle informazioni su come era Kazue ai tempi della scuola e di quanto la detestasse. Ad un certo punto essa entra in possesso dei diari di Yoriko e Kazue e riportando nel testo il loro contenuto, ecco che prende forma il punto di vista delle due vittime. Il focus non è l’omicidio, come ci si arrivi è lasciato quasi all’immaginazione del lettore, che deve trarre le sue conclusioni da solo. Nei due diari viene narrata la storia delle vittime, ma in maniera diversa: Yoriko parla del passato quasi facendo una cronistoria della propria vita, Kazue ne fa menzione tra un’osservazione e l’altra sui propri clienti e vicende del presente. La voce narrante principale ogni tanto si fa sentire, ed interviene per esprimere giudizi. alla fine dà voce persino all’assassino, di cui riporta il memoriale presentato al processo, dove Zhang racconta le sue peripezie dalla Cina al Giappone, ma poi non si sa se credergli, visto che dalle altre narratrici si viene a conoscenza che era un gran bugiardo e della stessa storia esistono diverse versioni da lui dette a diverse persone. 

La vicenda è molto intricata e a volte quasi si perde quale sia l’evento principale, perché ogni tanto appaiono personaggi secondari che rendono la trama è ancora più fitta e tortuosa. Rispetto al precedente libro di Natsuo Kirino da me letto (vedi qui), devo dire che questo è stato da me maggiormente apprezzato. Non mi ha annoiato e mi è piaciuta la modalità narrativa. Ogni personaggio, anche quelli secondari, ha una propria anima, salta fuori con prepotenza dalle pagine del libro. E anche se l’evento che fa da collante a tutta la storia resta quasi sullo sfondo (come avviene anche in Morbide guance), questa volta non infastidisce. Volevo fare solo un appunto: alla fine del libro è presente un glossario dei termini giapponesi; purtroppo è incompleto, non so se sia un problema che si rileva solo nella mia copia o se sia successo qualcosa in fase di stampa per cui ne manca più della metà. La cosa può risultare fastidiosa, specie se chi legge il libro è a digiuno di cultura giapponese e il glossario aiuta a capire il significato dei termini altrimenti ignoti ai più.