
Pensavate che avessi smesso di leggere? E invece no! Stavolta è stata una lunga lettura. Questo classico della letteratura cinese, edito in Italia per la prima volta nel 2021 da Luni Editrice in 2 volumi, per un totale di più di 1500 pagine, ha richiesto tre mesi del mio tempo. Ho scelto di leggerlo perché mi incuriosiva, in quanto da questo testo è tratto un personaggio noto ai più perché diventato protagonista di uno degli anime più famosi: Son Goku, Scimmiotto nel testo. Credo che tutti, o quasi, conoscano Dragon Ball. Son Goku, o Goku, ne è il protagonista. Il personaggio è ispirato per certe caratteristiche proprio al Son Goku del Viaggio qui narrato. Per cui volevo capire cosa avesse spinto Akira Toriyama a trasporlo nel suo manga/anime più famoso. Ma l vicenda narrata in questo libro è stata di ispirazione anche per un altro manga/anime, meno conosciuto, ovvero Saiyuki – La leggenda del demone dell’illusione, in cui i protagonisti sono gli stessi del testo originale, ma le cui vicende sono ambientati in un passato/futuro distopico.
I protagonisti della vicenda originale sono 5: il monaco Tripitaka, Scimmiotto, Porcellino e Sabbioso (suoi tre discepoli) ed il cavallo-drago, cavalcatura del monaco durante il viaggio. Il viaggio viene effettuato da Tripitaka per ordine del sovrano della dinastia Tang Taizong. Compito di Tripitaka (Tre Ceste), il cui vero nome è Cheng Xuanzang, è di raggiungere il monastero del Colpo di Tuono, sul Picco degli Avvoltoi, dove il Buddha predica ai suoi discepoli, per chiedere dei sutra da riportare in Cina. Lungo tale viaggio Tripitaka non sarà da solo: durante il cammino infatti si imbatterà in Scimmiotto (detto anche Consapevole del vuoto, o Novizio), Porcellino (detto anche Consapevole delle proprie capacità, o Otto divieti) e in Sabbioso (detto anche Consapevole della purezza, o il Bonzo), che diventeranno i suoi discepoli. La scelta di questi tre personaggi come discepoli è dovuta alla pusa Guanyin (bodhisattva della compassione), la quale, al momento di arruolarli per tale compito, li denomina Consapevole etc. I terzi nomi (Novizio, Otto divieti e Bonzo) vengono invece dati ai tre discepoli da Tripitaka stesso. I tre non sono persone normali: Scimmiotto è una scimmia indistruttibile e immortale, Porcellino un maiale che in precedenza era un ammiraglio del regno celeste, caduto in disgrazia e finito sulla terra con sembianze suine, Sabbioso un mostro lacustre in origine capitano del regno celeste, anch’esso caduto in disgrazia. Questo percorso sarà di redenzione per loro ma anche per Tripitaka, che si scopre essere la reincarnazione di Cicala d’Oro , discepolo del Buddha anch’esso caduto in disgrazia e condannato a dieci reincarnazioni per essersi addormentato durante una predica.
A prima vista, quindi il protagonista sembra Tripitaka. E invece no. Il vero protagonista della storia è Scimmiotto. I primi sette capitoli del libro sono occupati dalla storia di Scimmiotto nei millenni precedenti al suo incontro con Tripitaka. Durante il viaggio i 5 personaggi affrontano pericoli di ogni tipo, che generalizzati si dividono in nemici che vogliono uccidere Tripitaka per mangiarne le carni, in quanto un solo morso darebbe loro la vita eterna, o in personaggi che vogliono accoppiarsi con Tripitaka, perché il suo Yang (il seme) donerebbe loro la vita eterna. Insomma, dovunque i 5 arrivino, finiscono per cacciarsi in qualche guaio, nonostante Scimmiotto lo fiuti lontano un miglio. Infatti non viene mai ascoltato, Tripitaka preferisce dar retta a Porcellino o casca, essendo un gran credulone, nei tranelli preparati dai nemici. Immancabilmente chi tira fuori dai pasticci Maestro e condiscepoli è sempre Scimmiotto, a volte perché sconfigge in prima persona il nemico, altre volte perché trova il modo di farsi aiutare da divinità varie e da Guanyin. Insomma, sto povero Scimmiotto si fa in quattro dal principio alla fine, per colpa di un Maestro tontolone, che deve affrontare 81 prove per poter giungere a destinazione e compiere la missione impostagli dal re e dal Buddha in persona. Gli altri due discepoli sono di relativo aiuto. Porcellino è invidioso e non perde occasione per mettere in difficoltà Scimmiotto; è anche un codardo e combatte volentieri solo se è sicuro della vittoria; come si trova in difficoltà volge le spalle e scappa, lasciando Scimmiotto in difficoltà senza tanti complimenti. Diverse volte poi, quando il Maestro è lì lì per essere divorato dal mostro di turno, Porcellino arriva a proporre di spartirsi la roba di Tripitaka e di separarsi per continuare ciascuno la propria vita. Non c’è che dire: un discepolo proprio devoto! Sabbioso è il discepolo che meno interviene nella storia, per lo più il suo compito è trasportare i bagagli o tenere il cavallo-drago quando gli altri vanno a salvare Tripitaka.
La storia è lunga 100 capitoli, di cui come dicevo prima i primi 7 riguardano la storia di Scimmiotto. negli altri si narra il viaggio, sino al capitolo 99, dove finalmente i protagonisti giungono a destinazione per poi, nel 100 tornare laddove tutto è iniziato.
Da un punto di vista narrativo la storia scorre seguendo degli stereotipi: durante il viaggio i 5 arrivano in un determinato luogo, dove un mostro (uno spirito del cielo caos sulla terra o uno spirito di un qualche animale) semina il panico. Segue l’immancabile rapimento di Tripitaka per gli scopi suddetti ed infine la sua liberazione per opera di Scimmiotto. Cambiano gli antagonisti, ma il succo è sempre questo. Personalmente ho trovato più divertenti i primi 7 capitoli della storia, dove si conosce Scimmiotto in tutta la sua potenza (ha un’arma che è una sbarra allungabile (non vi ricorda niente?) che si chiama A piacer vostro, si muove per il cielo su di una nuvola (tipo “Nuvola Speedyyy!”), il suo corpo è più duro dell’acciaio, i suoi occhi sono rossi come il fuoco; invece la voracità proverbiale nota nel Goku di Dragon Ball nulla hanno a che vedere con il personaggio originale; quella è prerogativa di Porcellino). Il resto l’ho trovato ripetitivo e noiosetto. Se devo fare un paragone con un altro classico della letteratura orientale, ovvero il Genji Monogatari, devo dire che il secondo stravince su tutto il fronte, sia per complessità dell’intreccio che per caratterizzazione dei personaggi.
Il personaggio di Tripitaka è l’unico realmente esistito. Questo monaco visse nel VII secolo d.C. e fu realmente incaricato di raggiungere l’Occidente per riportare dei preziosi sutra. Il suo viaggio durò molti anni, tornò a corte a missione conclusa e si occupò anche di tradurre in cinese i rotoli portati con sé. la storia da me letta fu pubblicata ben 900 anni dopo, nel XVI secolo. Gli intenti di Wu Cheng’en furono senz’altro molteplici e sono ben esplicati nell’introduzione del libro.
Vorrei per ultima cosa fare una critica personale: la traduzione che è stata fatta in italiano non viene direttamente dal cinese, ma da una trasposizione francese. Non ho apprezzato diverse cose: l’occidentalizzazione di certi termini che non rispecchiano affatto la cultura cinese; l’inserimento di modi di dire moderni che non avevano senso di esistere nel 1500; la mancanza di un apparato critico adeguato. Penso che nel momento in cui si decida di affrontare la traduzione di un classico di un’altra cultura si debba fornire a chi legge un’adeguata chiave di lettura e spiegazioni dettagliate, perché molte situazioni, molti personaggi e molti termini, per gli ignoranti della materia risultano oltremodo oscuri. Al termine del libro c’è un glossario, ma lo ritengo inadeguato. Poche le note nel testo, che non illuminano gran che. Anche da questo punto di vista ritengo che il Genji Monogatari stravinca il confronto.